Donne spaziali. Cosmonaute o scienziate sono l’altra metà del cielo

Dalla Tereskova alla Johnson fino alla Cristoforetti: una ininterrotta storia di record

Hanno lauree in ingegneria, matematica, fisica, medicina, biologia, chimica le tante donne che hanno reso possibile l’esplorazione spaziale.

Nei primi anni Sessanta hanno calcolato a mano le complesse equazioni che hanno permesso agli eroi del programma Apollo di viaggiare in sicurezza nello Spazio e di andare sulla Luna. 

Sono le matematiche Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, componenti strategiche della squadra di “computer” della NASA. 

Le tre pioniere NASA Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson – © Shelby Co. Schools/Twitter

Più recentemente, nel 2014,  tre scienziate indiane – Ritu Karidhal, Anuradha TK e Nandini Hannath – hanno dato un contributo sostanziale alla  “Mars Obiter Mission”, che ha spedito l’India nello Spazio, portando per la prima volta una sonda indiana su Marte.

Le tre scienziate indiane, Ritu Karidhal, Anuradha TK e Nandini Hannath, che hanno contribuito alla missione indiana “Mars Obiter” -© Scienze-Repubblica

Questo per citare solo alcuni esempi di contributi delle donne alle imprese spaziali. 

Se invece si pone l’attenzione sulle donne che sono andate nello Spazio, se ne contano una sessantina. 

Prima fra tutte la russa Valentina Tereskova, appassionata paracadutista, che a ventisei anni, il 16 Giugno 1963, iniziò la sua missione di tre giorni a bordo della  navicella Vostok- 6, simile a quella usata due anni prima da Jurij Gagarin, primo cosmonauta della storia. Dopo aver effettuato quarantanove orbite intorno alla Terra, la Tereskova si lanciò col paracadute da un’altezza di sette km, mentre la navicella, da sola, toccava Terra un po’ più lontano.

Dopo diciannove anni, nel 1982, fu la volta di Svetlana Savitskaya, un’altra cosmonauta russa, che compì tre missioni e durante la seconda, denominata Salyut T-12, nel 1984, fu la prima donna a effettuare un’attività extraivecolare della durata di tre ore e trentacinque minuti. 

Solo nel 1983 si vide per la prima volta nello Spazio un’astronauta americana: Sally Ride, che volò a bordo dello Space Shuttle Challenger nella missione STS-7. Fu la prima donna a operare il braccio robotico dello Shuttle per recuperare un satellite in avaria. La prima americana a svolgere un’attività extraveicolare fu, invece, Kathryn Sullivan. 

Christa McAuliffe avrebbe dovuto tenere delle lezioni dallo Spazio sulla microgravità agli studenti americani, stimolandoli allo studio delle scienze, della matematica e dell’esplorazione spaziale ma, dopo il disastro di Challenger 1985, il programma venne cancellato. Solo nell’estate 2007  Barbara Morgan, volando sulla missione STS-118, poté tenere dallo Spazio alcune lezioni della McAuliffe.

L’astronauta Mae Carol Jemison – © NASA

Il primato come prima astronauta afroamericana spetta a Mae Jemison, laureata in Fisica, che volò nel 1992 come mission specialist a bordo dell’STS-47.

La prima europea a viaggiare nello Spazio fu a ventisette anni la britannica Helen Sharman, partita alla volta della Stazione spaziale russa Mir nel 1991.  Cinque anni dopo fu il turno della francese Claudie Haigneré, mentre l’Italia ha dovuto aspettare fino al 2014 per vedere nello Spazio con la missione Futura Samantha Cristoforetti, che tornerà in orbita nel 2022.

Donne da record

Oggi  fra le prime cinquanta astronaute a detenere il primato di permanenza nello Spazio, quarantanove  sono statunitensi, una italiana, due russe, una francese, una giapponese,  una sovietica, due canadesi ed una del Regno Unito.

In testa alla classifica Peggy Whitson biologa statunitense classe 1960,  con l’idea di volare nello Spazio sin da bambina. Prima donna comandante della Stazione spaziale internazionale (International Space Station, ISS) e prima donna capo dell’Ufficio astronauti della Nasa, Peggy Whitson, in pensione dal 2018,  continua a detenere il record di maggior tempo nello spazio per una donna (665 giorni), avendo preso parte a tre missioni spaziali tra il 2002 e il 2017.

L’altro record detenuto da Whitson,  relativo al viaggio più lungo (289 giorni) è stato recentemente superato da Christina Koch, astronauta NASA,  che è tornata sulla Terra lo scorso 6 febbraio dopo 328 giorni  trascorsi sulla ISS. Il record di Koch è a soli dodici giorni di distanza dal record maschile statunitense di 340 giorni di Scott Kelly, ed è al quinto posto nella classifica dei viaggi spaziali più lunghi.

Ma fra i tempi di permanenza nello Spazio fa bella mostra di sé quello di Samantha Cristoforetti, prima e per ora unica astronauta italiana membro dell’Agenzia spaziale europea, con 199 giorni sedici  ore e quarantadue minuti accumulati in un unico viaggio.  SI tratta del  volo spaziale più lungo di un astronauta europeo sinora effettuato. 

I  viaggi nello Spazio hanno fornito numerose informazioni circa gli effetti sul corpo femminile – oltre che  su quello maschile – della permanenza in ambienti di microgravità, nel quale l’organismo degli uomini e delle donne si comporta in modo diverso. È questo il risultato di anni di studi realizzati dalla Nasa e dal National Space Biomedical Research Institute (NSBRI), i cui ricercatori si sono concentrati sui problemi cardiovascolari, immunologici, senso motori, muscolo-scheletrici che l’assenza di gravità e le radiazioni cosmiche possono causare. Tutte problematiche la cui soluzione appare strategica nella prospettiva di una permanenza sempre maggiore a bordo della Stazione spaziale internazionale, di viaggi spaziali sempre più lunghi e aperti al turismo spaziale

Ricordiamo che durante la sua prima missione nel 2015 sulla Stazione spaziale internazionale Samantha Cristoforetti ha condotto l’esperimento Drain Brain per monitorare i parametri fisiologici della circolazione sanguigna, con uno strumento chiamato pletismografo. Questo particolare strumento è stato interamente sviluppato all’interno del Dipartimento di fisica e scienze della Terra dell’Università di Ferrara in collaborazione con la sezione di Ferrara dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN).