Lo Spazio senza legge. Le norme della Guerra fredda sono ormai anacronistiche

Lo sfruttamento delle risorse extraterrestri e l’azione di nuovi attori pubblici e privati richiedono un quadro giuridico stabile

Il lancio dello Sputnik nel 1957 segnò ufficialmente l’inizio dell’era spaziale. Solamente  dieci anni dopo con l’Outer Space Treaty, il trattato sullo spazio-extra atmosferico al quale aderirono sia gli Usa che l’UnioneSovietica, come anche tutte le altre nazioni dotate di tecnologia avanzata, furono varate le prime norme in materia di diritto spaziale. Obiettivo del trattato era il fondamentale divieto per le gli Stati esploratori di acquisire nuovi territori nazionali per evitare l’insorgenza di nuovi scontri mondiali. 

L’organo legislatore,  lo United Nations Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (COPUOS) fu fondato nel 1959 proprio “per garantire una cooperazione pacifica tra le nazioni per un uso pacifico dello spazio extra-atmosferico,  per incoraggiare l’esplorazione dello spazio pacificamente”.

Il COPUOS è l’organo prestabilito in materia di diritto spaziale.

In quell’epoca, nel vivo della Guerra fredda, era volontà comune evitare un nuovo conflitto e soprattutto scongiurare la possibilità che si potessero collocare armi nucleari o di distruzione di massa nell’orbita terrestre e sulla Luna stessa.

Le norme sviluppate all’epoca sono oggi anacronistiche, e il diritto spaziale è rimasto purtroppo fermo. Basti pensare che il trattato sullo spazio-extra atmosferico non prevede lo sfruttamento commerciale di risorse naturali sulla Luna o su qualsiasi altro corpo celeste.  Un argomento oggetto di una vivace controversia all’interno della comunità internazionale,  come ha spiegato Diego Zannoni dell’Università di Padova, esperto di diritto spaziale, in una delle conferenze del ciclo “Non voglio mica la Luna”, promosso dal Laboratorio Design of Science – DOS in occasione della mostra “Spazio 2019. Scienza e immaginario a cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna”,  per approfondire la nuova corsa alla Luna e alla Spazio nell’attuale scenario geopolitico.

Una delle questioni principali rispetto all’utilizzo commerciale delle risorse naturali si pone rispetto al principio di appropriabilità che ne precede lo sfruttamento.

Nel trattato sulla Luna del 1979, ritenuto un mezzo flop visto il ridotto numero di firmatari,  si voleva regolare l’attività degli Stati sulla Luna e sugli altri corpi celesti. La Luna, riconosciuta come patrimonio dell’umanità, non può divenire un bene esclusivo, e i potenziali benefit che derivano da un suo sfruttamento commerciale devono avvantaggiare l’umanità intera. A sostegno di questa tesi si può citare anche l’articolo uno del trattato del 1967 che sancisce il principio di libertà di esplorazione e uso dello spazio extra-atmosferico inclusa la Luna. Se la Luna fosse considerata risorsa sfruttabile sarebbe soggetta a esaurimento e quindi non più esplorabile.

Per quanto riguarda invece i corpi celesti  più piccoli, secondo Zannoni, essi possono essere considerati come appropriabili, perché nel momento in cui questi cambiano di orbita o possono essere catturati, cambiano la loro natura giuridica, sfuggendo alle norme di diritto.

Allo stato attuale non c’è una legislazione chiara e di riferimento pronta per regolamentare un settore in piena espansione come quello dell’esplorazione spaziale. Recente è l’accordo siglato tra l’Agenzia europea spaziale (European Space Agency, ESA) e il Lussemburgo impiantato sullo sviluppo delle tecnologie per l’utilizzo delle risorse in situ per supportare l’esplorazione sostenibile del nostro sistema solare.

Le norme giuridiche in materia di sfruttamento extraterrestre sono rimaste anacronistiche e necessitano di maggior fluidità.

In attesa che la comunità internazionale faccia delle leggi ad hoc e attuali l’obiettivo è quello di evitare lo scenario peggiore: che il settore esploda e si sviluppi senza alcuna norma applicabile, in piena anarchia.