Cibo più sicuro grazie ai viaggi sulla Luna

E al gusto ci pensa una start-up italiana

Molti non lo sanno, ma è grazie ai viaggi spaziali che possiamo contare sulla sicurezza dei pasti serviti in mense e ristoranti e del cibo che acquistiamo ogni giorno. Al tempo delle prime imprese spaziali, uno dei problemi era garantire la buona salute degli astronauti. Per eliminare il rischio di una tossinfezione alimentare nello Spazio, gli scienziati hanno ideato il sistema  Hazard Analysis and Critical Control Points (HACCP), applicato per la prima volta negli anni Sessanta negli Stati Uniti per garantire alimenti sicuri agli astronauti della NASA durante le missioni.

L’HACCP è un sistema di analisi e controllo dei pericoli biologici, chimici e fisici lungo l’intera produzione della catena alimentare: dalla produzione di alimenti crudi, approvvigionamento e manipolazione, alla produzione, conservazione, distribuzione e consumo del prodotto finale.

L’individuazione di un pericolo, come la deperibilità di un alimento o la sua possibile contaminazione, porta a successive misure preventive (utilizzo di materie prime di qualità, attenta igiene nella preparazione, accurata cottura e conservazione).

L’HACCP da diversi anni non è più fantascienza, ma viene utilizzato in tutto il mondo, e l’organizzazione del sistema di controllo della sicurezza degli alimenti è impostata secondo i suoi principi.

Applicazione nella Comunità europea

I regolamenti comunitari in tema di sicurezza alimentare, in vigore dal 2002  e recentemente aggiornati, prevedono l’obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentare lungo l’intera filiera, dalla produzione primaria alla somministrazione e vendita, nessuno escluso, con la possibilità di forme semplificate per le imprese più piccole .

Dall’applicazione del protocollo sono derivati importanti vantaggi che hanno aumentato la shelflife degli alimenti consentendone il trasporto in tutto il mondo, mentre si sono ridotti gli episodi di malattie a trasmissione alimentare.

Secondo la European Food Safety Authority,(EFSA)  dal 2004 al 2009 i casi di salmonellosi in Europa si sono dimezzati, e nella sola Emilia Romagna dal 1999 al 2018 gli episodi tossinfezione alimentare sono passati da 169 a 31.

Bontà oltre alla salute

Ora che i tempi di permanenza nello Spazio si sono fatti anche molto lunghi, gli astronauti hanno la necessità di mangiare alimenti non solo sicuri, ma anche più simili a quelli a cui sono abituati sulla Terra.

Si tratta di un’impresa non semplice dal momento che gli alimenti da lanciare con i razzi speciali sulla Stazione spaziale internazionale (International Space Station, ISS) devono avere una shelf-life di diciotto-ventiquattro mesi, per cui vengono disidratati, liofilizzati, precotti o sterilizzati in autoclave (trattamento riservato agli alimenti deperibili come carne, pesce) e poi conservati in buste di alluminio o lattine per poi essere rigenerati mediante aggiunta di acqua o semplice riscaldamento al momento del consumo. Gli alimenti devono essere preparati e consumati riducendo completamente  il rischio di produzione di briciole, che potrebbero creare problemi alla strumentazione di bordo.

Un’ulteriore difficoltà è rappresentata dalla microgravità a cui sono sottoposti gli astronauti, che, cambiando la distribuzione dei fluidi corporei, muta la percezione del gusto.

Cucina italiana, menù a scelta

La sfida di rendere appetitosi e graditi i pasti destinati agli astronauti dell’Agenzia spaziale europea è stata raccolta dalla startup italiana Argotec, agenzia di ingegneria spaziale torinese, che dal 2011 ha affidato al giovane chef Stefano Polato lo Space Food Lab, un laboratorio di cucina spaziale che ha avuto come primo cliente Luca Parmitano, e a seguire Samantha Cristoforetti, Paolo Nespoli e altri astronauti stranieri.

Ciascun astronauta può scegliere tra due menù standard (americano e russo) e può portare a bordo una quantità limitata di cibi preferiti (bonus food), ad esempio lasagne e caponata per Luca Parmitano. Oltre al cibo in busta, gli astronauti hanno a disposizione salse, snack, bevande, dessert e frutta secca o disidratata, più raramente fresca.

La startup italiana ha sviluppato anche la linea di space food per terrestri ”Ready to Lunch”, per far provare a tutti l’esperienza del cibo spaziale. I piatti proposti, anche come linea salutistica e per prestazioni atletiche, vanno dal riso integrale con pollo all’insalata di quinoa con sgombro e verdure  preferita dalla Cristoforetti.

Il tema del cibo spaziale si inserisce anche nello spirito della mostra “Spazio 2019. Scienza e immaginario a cinquant’anno dallo sbarco sulla Luna”, tesa a valorizzare il rapporto tra ricerca scientifica e società. Parlare di cibo spaziale rappresenta infatti un’occasione in più per sottolineare quanto il cibo, centrale nell’identità culturale italiana, sia un fattore rilevante di aggregazione sociale e mantenimento del benessere psico-fisico anche ad anni luce di distanza dal pianeta Terra.

Samanta Cristoforetti con lo chef Stefano Polato nello Space Food Lab

2 Replies to “

Cibo più sicuro grazie ai viaggi sulla Luna

E al gusto ci pensa una start-up italiana

Comments are closed.