Addio a Katherine Johnson, la donna che mandò l’uomo sulla Luna

E’ morta ieri a 101 anni Katherine Johnson, matematica, informatica e fisica che per trentatré anni collaborò con la NASA all’Apollo e altri programmi spaziali. Afroamericana originaria della Virginia, la Johnson viene ricordata oggi dalla NASA anche per “il suo retaggio di eccellenza che ha abbattuto le barriere razziali e sociali”. 

Con il suo lavoro, la Johnson ha contribuito profondamente allo sviluppo dell’aeronautica statunitense e di diversi programmi spaziali: la sua capacità e precisione le hanno permesso di calcolare la traiettoria per la missione Apollo 11, che il 20 luglio 1969 vide Neil Armstrong mettere piede per la prima volta sulla Luna. Suoi sono anche i calcoli per il programma Space Shuttle e per le future missioni su Marte. “La Nasa non avrebbe potuto fare queste cose senza Katherine Johnson e il suo amore per la matematica!”, scrive l’Agenzia aerospaziale americana sul proprio sito. 

Notevole anche la sua sfida a razzismo e sessismo: prima della sua carriera alla NASA, nel 1938, in seguito a una sentenza della Corte suprema del Missouri che stabilì che gli stati che fornivano un’istruzione pubblica a studenti bianchi dovevano fare lo stesso anche con gli studenti neri, fu la prima donna afroamericana a essere ammessa alla scuola di specializzazione della West Virginia University.

Dopo la laurea summa cum laude in francese e matematica, seppe che il Comitato consultivo nazionale per l’aeronautica stava cercando donne per lavorare ai primi computer, con il principale compito di leggere i dati dalle scatole nere degli aerei. Venne assunta quindi dalla NASA nel 1953, quando l’agenzia si chiamava ancora National Advisory Committee for Aeronautics (NACA).

Fino al 1958 si occupò di calcolo nell’ambito del programma di ricerca per l’attenuazione degli effetti delle raffiche di vento sugli aeromobili. Faceva parte della squadra di calcolo formata interamente da donne afroamericane, identificate come ”calcolatori di colore”,  continuamente soggette alla discriminazione razziale, obbligate a lavorare separati dai colleghi bianchi.

Dallo scioglimento del gruppo fino al 1986 ha proseguito la sua attività alla NASA come ingegnere spaziale. È stata resa celebre dal film del 2016 “Il diritto di contare” (“Hidden Figures”) insieme alle colleghe Mary Jackson e Dorothy Vaughan, anche loro statunitensi di origini africane, con le quali collaborò per la riuscita del primo allunaggio. 

Locandina del film “Hidden figures” che ha reso celebre Katherine Johnson,

Alla “ragazza che adorava contare” com’è stata descritta dalla NASA, nel corso degli anni sono stati conferiti numerosi riconoscimenti. Nel 2015 ha ricevuto dall’allora presidente Barack Obama la “Presidential Medal of Freedom”, il più alto riconoscimento civile della nazione. Il 5 maggio 2016 il nuovo impianto Katherine G. Johnson Computational Research le è stato formalmente dedicato alla Langley Research Center a Hampton, in Virginia.  E nel febbraio 2019 la NASA le ha intitolato uno dei propri edifici che col suo nome è stato battezzato “The Independent Verification and Validation Facility”, in West Virginia, struttura che si occupa del corretto funzionamento dei software nelle missioni di alto profilo.

Nel maggio 2018, Mattel ha rilasciato una bambola Barbie a somiglianza di Katherine come parte della loro linea “Inspiring Women”. Per ultimo ma non per importanza, lo scorso luglio la Johnson ha pubblicato un’autobiografia, “Reaching for the Moon” (Athenium Books for Young Readers, 2019), che racconta la sua vita e il suo rivoluzionario lavoro alla NASA, per un pubblico di giovani lettori dai dieci anni, sicuramente un modo per continuare ancora oggi a diffondere la sua passione per la matematica e per lo Spazio.

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